Miti ed emozioni, ritrovano vigore nella rinnovata analisi Simbolista di Anna Maria Guarnieri
Articolo critico del Dott. Franco Bulfarini
Tramite simboli, in ogni tela l'artista ci parla della vita, dell'amore, dei bisogni, delle ansie, delle possibilità che si aprono ad ognuno di noi ... per costruire quel gioco intenso ed emozionale che ci appare l'esistere.
...
continua ...
leggi l'articolo
dall'inizio
Oggi
quei colori, quei profumi quelle melodie dell’animo, ritrovo nelle opere di
una apprezzata pittrice: Anna Maria Guarnieri. Mi soccorre la stessa curiosità,
nell’osservarne le opere, che mi appaiono ricche di profumate e armoniche
atmosfere, in quella che potrei definire una rinnovata e del tutto personale
ispirazione simbolista. Rivivo la stessa curiosità e stupore a distanza di
anni, le stesse emozioni e sensazioni lo stesso senso di mistero e di scoperta.
Sono tante le stanze in cui l’artista mi conduce, con le sue opere. Ella mi
richiama, avendone il raro dono, ai ricordi e suggestioni dell’infanzia.
L’Arte di Anna Maria Guarnieri, svolge la sua funzione corroborante,
esplicando il suo effetto benefico non solo per l’ottimo svolgimento tecnico
pittorico ma a mio dire soprattutto nell’incantamento psichico. Ella ha
saputo certamente cogliere consigli tecnici dall’esperienza positivista
dell’impressionismo, ma null’altro, prevalendo per vocazione ed istinto la
ragioni di far sedimentare le forze dello spirito, il dettame delle emozioni,
la voce dei sentimenti, il richiamo delle passioni. A questo ultimo scopo i
colori della Guarnieri sono rivolti. E’ l’animo dell’artista a dettare la
partitura e
l’opera
appare sempre più pretesto per dar forma al dettato interiore, per fornire
luogo di approdo alla ricerca introspettiva senza per questo rinnegare la
visione reale, bensì con l’intento partendo da quella o dal ricordo che ne
deriva, di riedificarla per renderla visione intimista ricca di patos e senso
di mistero. Vi è armonia, melodia, musicalità nell’opera della Guarnieri,
emergono sonorità che si fanno largo d’istinto quando l’occhio è nella
mente e le emozioni sono dedotte dai luoghi oscuri e misteriosi del mito e
della storia. Sono molte le opere ove vige un profondo e ben espresso senso di
appartenenza all’assoluto. Opere che non rimangono avvinte a toni di
struggente romanticismo ma anzi segnalano umori propri della profonda idealità
dell’artista. La ricerca della Guarnieri, per parte tecnica si avvale di
un’attenta gestione del colore, reso con l’apparenza d’irraggiamento ben
graduato e vivificante, che supera la via dell’intelletto per raggiungere in
modo pregnante e pervadente la via del cuore, ove meglio coniugare sentimenti e
speranze. L’artista nella metafora di ingranaggi simbolo o ruote del tempo,
cerca di esprimere disegni unificanti, attraverso la storia dei popoli. Ogni
opera mette al primo posto il bisogno d’unità, di compiutezza, ed ogni
particolare non può che non asservire l’insieme, come ogni luce non può
ignorare il contesto e ogni velatura lascia intendere che oltre la superficie
visibile c’è dell’altro.
Le masse sono ben definite ed equilibrate, l’insieme della visione ci riporta
sempre e comunque ad un disegno riunificatore. Le parti si debbono ricomporre
ad unità, i diversi si scoprono simili, affini. L’umus fondante al fine deve
essere l’amore. In questo slancio di intensa valenza emotiva si svela a ben
vedere l’essenza della vita nelle mille facce di un’unica medaglia che
tutto e tutti assorbe, in quello che viene suggerito essere un disegno
universale di unitarietà che solo può creare quella catarsi atta a rendere il
senso autentico dell’esperienza umana.
L’artista ponendo importanza sul singolo elemento reso ingranaggio, non si
sofferma se non al necessario, rinunciando alla ricerca del dettaglio, facendo
prevalere la palese volontà o meglio necessità di cogliere il destino finale
delle cose, in uno sforzo trasognante che diviene sospensione metafisica. Ne
perviene un disegno artistico complessivo che si traduce in progetto amoroso,
benigno, come si evince nell’opera “l’Amor che move il sole e l’altre
stelle”, che richiama il celebre verso finale della Divina Commedia (XXXIII°
Canto del Poema Dantesco).
Dunque
siamo di fronte ad un’artista che si esprime attraverso simboli trasdotti
dalla coscienza per mezzo dell’esperienza e ricondotti all’allusione
dell’immagine colore per svelare essenze profonde del contemporaneo umano
sentire. Quanti di noi “nel mezzo del cammin di nostra vita” si sono
trovati “in una selva oscura” avendo perso la via della verità o
dell’autenticità; come è assai facile perdersi nell’attuale società che
tutto consuma: uomini e cose. Siamo numeri, ingranaggi in balia del tempo,
sempre più inseriti in computer, sempre più collegati e di fronte ai potenti
siamo solo risorse da sfruttare nei luoghi di lavoro, nei circuiti commerciali
in una catena di Sant’Antonio che nulla ha di bello se non il nome. Questa
nostra è sempre più l’era del disagio e della frenesia esistenziale. La
Guarnieri, vive tutto ciò, e con sensibilità avvalendosi della forza
incantatrice del contenuto coloristico, costruisce un sogno o solo nuove
ipotesi che potrebbero tradursi in aspettative. I bisogni emergenti o latenti,
assumono natura di altrettanti stati d’animo, le nevrosi personali e sociali
divengono nuove possibilità da esplorare, motivo di indagine nei terreni
fertili e rigeneranti dell’inconscio. Anna Maria produce visioni che lasciano
presagire l’esistenza di mondi altri ove stemperare le nostre inquietudini.
Ogni opera è un percorso che riflette stati d’animo, ed al contempo un
episodio, una tappa dedicata alle istanze corali cui l’artista tende. Il filo
conduttore è il medesimo e si traduce in stilema chiaro, netto, preciso,
armonico, e leggibile. Anna Maria Guarnieri opera come un “Demiurgo”, il
divino artigiano della visione Platonica: colui che contemplando le idee plasma
la materia sul modello delle idee stesse, poi in realtà ne travalica il
presupposto volendo pervenire ad un’ascesi, tale da rendere tutto non più
rivolto all’oggetto, alla cosa, alla materia, né al dettaglio che la compone
ma alla sensazione. Ciò avviene attraverso l’uso sapiente d’appropriate
cromie finalizzato a tradurre e svelare stati d’animo, pensieri, meditazioni
profonde che con spirito ed intento si potrebbe dire, “taumaturgico”
risalgono in superficie in modo quasi scientifico per coinvolgere. Opere in
alcuni casi fortemente plastiche tanto da assumere definizione di
pitto-sculture, pur dovendo rimarcare che a prevalere sulla struttura fisica e
la corposità spesso palesata nell’opera o nell’assemblaggio è sempre il
dato contenutistico legato alla levità che fornisce respiro “cosmico” al
dipinto, rafforzandone il contenuto in termini di metaforica espressività.
I
colori prevalenti, sempre giocosi, fulgidi ed al contempo armoniosi, intessono
cromie che testimoniano la purezza, non solo dell’opera ma anche
dell’autore. Vi è serietà di progetto di chi si è dato regole e disciplina
di chi non si abbandona al caso per voler pervenire a verità. Ne sorge una
libertà d’espressione che si traduce in proposta autentica. La Guarnieri si
mette in gioco in ogni sua opera, pur nel tracciato del simbolismo latente, non
segue mode, si assume responsabilità, ben conoscendo i rischi di chi segue
strade non battute, compreso quello di apparire solitari sia pure nell’alveo
contemporaneo. Le sue opere rifuggono dalla mercificazione pervadente e
prepotente che opera sovente non solo sulle opere ma ancor più gravemente
sulle coscienze. Una prevaricazione al più strisciante, altre palese indotta
dai vari potentati commerciali cui anche l’arte spesso si piega, o più che
l’arte l’artista. Tecnicamente le tele o tavole, della Nostra, ospitano con
utilizzo sapiente e coscienzioso, colori armoniosi, e giochi plastici preziosi,
dove non mancano sovrapposizioni di elementi, ed utilizzo di più materiali, ché
verrebbe da pensare all’esperienza “dadaista”, anche se non altro per
certe splendide vivacità del colore, se non fosse che il risultato finale la
nega. In altri casi alcune lavorazioni mi riportano alle magie pittoriche di
Gustav Klimt (14 luglio 1862 – 6 febbraio 1918) il noto
pittore austriaco, che fu fra i massimi esponenti dell'art nouveau (stile
Liberty, in Italia), protagonista della secessione viennese .. .
Sovente l’artista rivolge attenzione alla veduta naturalistica che esprime
sempre nell’alveo mai sconfessato di avveduto e contemporaneo simbolismo, in
tale contesto mi pare di intravedere elementi di richiamo analogico ad uno dei
precursori dell’esperienza simbolista, il francese: Puvis De Chavannes. Le
opere che ho avuto modo di osservare di recente richiamo alle antiche civiltà
cui l’artista allude a mezzo di simboli, come potrebbero essere monete o
immagini, quasi figurine tratte dall’album dei ricordi, o dalle edizioni
“Panini”, tanto incise nella memoria da essere espresse in modo tale da
apparire immortali, come quella della regina che visse nell’antico Egitto:
Nefertiti, colei che fu considerata la bella d’Egitto, ma anche conosciuta
come la moglie del faraone iconoclasta “Amenhotep IV”, meglio noto con il
nome di “Akhenaton”, colui che seppe, forse per la prima volta, adottare
un’unica divinità, imponendo il culto del dio Sole. Queste ultime opere
della Guarnieri in particolare, voglio stupire e stupiscono per la magia che le
avvolge, il misticismo che le pervade ed ognuna di esse opera in chiave di
scoperta ma anche ricerca visionaria ed alchemica.
In quest’ultima mostra personale di Agosto nei pressi di Firenze, la bella
città culla del rinascimento, l’Artista propone la personale “la dinamica
delle civiltà”, ripercorrendo si potrebbe dire a ritroso la ruota del tempo,
tramite il recupero di simboli e miti che alludono alle grandi ed antiche
civiltà, dai Sumeri, all’Egitto alla Grecia classica, ai popoli Latini
fin’anche al mondo glorioso dei Cesari. E’ un viaggio appassionante ed
appassionato, fatto di colori tenui ma al contempo terricoli, evanescenti ed al
contempo vivaci, aperti alla luce trasognante, ed al contempo ridenti e
veritieri, come pure di contrappunto irreali, mistici e lontani, di sapore
nostalgico, in un mondo di punti e contrappunti, richiami ed allusioni. E’
dal mondo dei sogni e della storia cui l’artista attinge, l’intento è di
far emergere da nebbie di un passato spesso leggendario un senso di
appartenenza di comunione glorificante, ove si allude a messi abbondanti a
persone serene e nobili che ci richiamano al loro vissuto alla loro moralità.
Con ciò di rimando mi pare s’intenda porre l’accento a quanto sia
importante rendere glorioso il presente, optando per comportamenti ed
atteggiamenti virtuosi e saggi, ove trionfi la morale il cui rispetto ed anche
la cui necessaria definizione, solo può portare ad una vera elevazione civile.
L’artista
a mio avviso, nel gioco delle allusioni e trasparenze diafane e trasognate,
punta l’indice nell’evidenziare ciò che era e ciò che oggi manca, quasi a
dire che millenni di cultura, di civiltà di operosità, non possono essere
dimenticati, avvolti nell’oblio, sepolti dalle polveri del tempo ma vanno
dissepolti, ed è compito dell’artista far rivivere le luci del passato.
Ridare senso alla storia induce a ripercorrerne gli insegnamenti a far nascere
volontà di riflessione, che possono infondere nuove prospettive all’oggi.
Forse da questa ricerca di scavo nasce l’esigenza del materico, che
all’artista “archeologo”, serve come presupposto per l’indispensabile
scavo simbolico, nella dura roccia delle coscienze. E’ in quel luogo da
risvegliare e rianimare che riecheggiano bisogni veri, che inducono a nobiltà
d’animo, ove il rimando alle civiltà sepolte, non è solo rifugiarsi nel
passato ma presupposto per riformare il presente.
La Guarnieri pare porre innanzi a tutto la sua fede nell’umanità, ne
ripercorre le ere, studia l’uomo per svelarne i bisogni, studia le vite
passate e le civiltà che furono per dare nuova linfa e nuovo senso al
presente. Fra le opere “la barca delle civiltà”, mi pare che bene incarni
la matrice su cui fonda la sua ultima maniera. Civiltà descritte come fasi di
un’umanità in evoluzione, che si danno il testimone l’una con l’altra,
quasi con spirito olimpico, giungendo fino all’oggi per già concepire il
domani. Uno sguardo al passato, per rileggere la storia e per farci comprendere
che pure noi ne facciamo parte. La materia corposa quasi a suggerire
l’affresco o la scultura, serve allo scopo di rendere monumentale il richiamo
ed il ricordo. Le opere quando assumono tono di scultura, mi appaiono come
reperti finalizzati ad assumere veste di altrettanti testimoni del mito.
Anna Maria con operosità traccia visioni sottese alle ragioni
dell’inconscio, descritte da luci iridescenti, che anelano allo spirito, con
volontà di porre domande ma anche di suggerire possibili risposte su tematiche
fondamentali, ne sorge un felice connubio fra pittura oggettuale facilmente
coniugabile all'occhio dell'uomo comune (traducendosi in operazione culturale
“uti societas”) e slancio spirituale delle coscienze, che bene si evince
nell’atmosfera incantata che tutto travalica ma anche comprende, definendo
l’unicità d’impronta. Opere da cui trapela il mito ma anche vitalità ed
armonia, che l’abile lavoro dell'artista fa approdare ad esisti stucchevoli
da primo novecento, imprevedibili come i cieli tumultuosi di Tarner, eppure di
evidente armonia visiva come le vedute di Segantini o di Previati; ma ciò che
ancor più emerge mi pare il gioco alchemico, quando per alchimia si
intende quel pregnante valore di ricerca dei perché che da sempre in
ogni vita ed in ogni era rappresenta il vero motore dell’umanità.
Anna Maria è un’artista che segue una sua strada, quella di un simbolismo
ritrovato nelle radici del passato ma vissuto intensamente nelle visioni del
presente, un modo per indurci a far levitare lo spirito oltre la stessa materia
cromatica nell’intento di infondere serenità, quella serenità che non
esiste nel quotidiano divenire, ma che è ricercabile nei valori assoluti che
nella storia e nella magnificenza delle passate civiltà trovano riscontro,
come lo trova guardare un cielo e tradurlo con i colori dell’animo. Ecco il
colori della Guarnieri, preziosi, studiati uno per uno, perché ognuno svolga
un preciso compito e tutti siano finalizzati allo scopo di proiettare armonia e
rasserenare, rassicurare, o lievemente turbare col dubbio di dover compiere
ragionamenti sottesi e profondi, ma sempre resi come possibili ed
intelleggibili all’uomo comune, che ancora riesce ad operare d’istinto. Ed
è all’uomo comune autentico, inteso al di fuori delle sue mille figure
“Pirandelliane” che l’artista si rivolge con entusiastica energia
creativa.
Sono opere che pongono domande cui l’adulto spesso rinuncia a rispondere,
costretto dai ritmi esagerati del vivere che l’attuale supposta civiltà
impone. Ma cosa stiamo generando per perseguire i non sensi del vivere
quotidiano, uomini inesistenti, tutt’altro che eroi, che cercano frettolose
risposte nel consumismo sfrenato. La Guarnieri penetra nel sentimento di ognuno
di noi, toccando il bambino che ci appartiene, per rispondere al nostro bisogno
di certezze e lo fa con sconcertante semplicità, con esercizio di fantasia
avvinta al sentimento emozionale del colore, che l’artista rivolge e
convoglia all’obiettivo del bene comune, alla moralità senza la quale non vi
può essere purezza, senza della quale la nostra esistenza sarebbe ben poca
cosa. Ma chi può dirsi veramente artista, se non tiene alto in se il
sentimento del bambino la sua spontaneità. Ecco la grande dote di
quest’artista, la spontaneità mai sepolta od avvinta dall’artificio del
colore o del “tratto semantico”.
La Guarnieri descrive nei suoi meccanismi, nelle porte socchiuse nei simboli il
verbo di un’umanità da svelare e ricercare con stupefacenti espressioni
della natura, cui i “raggi di luce” nella soffitta dell’infanzia ove ho
attinto riferimento in premessa, fanno eco nella mia mente, quale termine di
paragone. La Guarnieri vede con l’occhio puro del bambino e poiché il senso
dell’esistere non lo si può che sfiorare con metafore Ella usa simboli a mo
di metafore per svelarci il mondo e le sensazioni che il mondo può donarci. La
natura viene riletta e rappresentata in chiave onirica, con utilizzo di ogni
senso. Anna Maria ci parla delle sue opere, ce le rende visibili, ce ne rende
il profumo, l’essenza ed ancora oltre ci consente di udire e rintracciare
nell’afflato della natura, l’armonia cosmica.
Nelle
sue tele imbandite di magiche cromie c’è la spontaneità di una pittura che
se fatta di colore è ancor prima realizzata con il sentimento; poi il simbolo
diviene corollario, elemento comunicativo, che ci fa interagire col senso
profondo della vita. Il profumo delle mele che è probabilmente ingigantito dal
ricordo del bambino mi si risveglia nella visione dei colori che Anna Maria così
amorevolmente riesce a rendere sulle sue tele. Dunque nelle opere di Anna Maria
si parla dell’uomo, o dell’umanità, con uso di simboli da interpretare ma
ancor più da svelare o da sentire, in ogni tela si parla della vita,
dell’amore, dei bisogni e delle ansie, delle possibilità che si aprono ad
ognuno di noi, da percorrere da utilizzare, per costruire quel gioco intenso ed
emozionale che ci appare l’esistere. La bellezza dell’immagine, non
potrebbe che essere portato di colori ben calibrati, letti prima con la mente
che con il pennello, addomesticati per tramite di accurate mescolanze, tali da
renderli servizievoli. Sono tinte che il regista artista sa ben fagocitare, per
capacità di studio e per istinto. La tela della Guarnieri non è mai violata,
la sua è una elaborazione che profuma di classicità, perché è per tramite
del bello visivo, e della sensazione vibrante del colore, ma anche di libero
slancio creativo ed immaginifico, che promana la vera alchimia.
Il Critico Dr. Franco Bulfarini