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Stampe e riproduzioni d'arte su tela

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Stampe e riproduzioni d'arte su tela

Anna Maria Guarnieri

Intervista a Anna Maria Guarnieri

L'artista Anna Maria Guarnieri, rispondendo a alcune domande, ci aiuta a comprendere il suo messaggio artistico.


La pittrice Anna Maria Guarnieri D: cosa pensa dell’arte in Italia?
R: l’arte è universale, possono cambiare le esperienze culturali dell’artista, ma io credo che l’arte debba rivolgersi a tutti; quando l’arte si rivolge a qualcuno in particolare, quasi sempre è per ragioni commerciali e la mercificazione, pur essendo necessaria, non è certo un termometro dell’arte. Dunque, per rispondere alla sua domanda, credo si debba dire che la produzione artistica in Italia è eccellente, del resto viviamo immersi nell’arte, essendo il paese che ha una concentrazione di siti UNESCO che non si riscontra in nessun altro paese al mondo. Come logica conseguenza in Italia esistono molti artisti, molti pittori e moltissime pittrici, ma anche per questo il mercato dell’arte e la valorizzazione dell’arte è scarsa. Spesso in Toscana si cita il proverbio che dice: “il calzolaio ha le scarpe rotte”, ovvero chi vive producendo scarpe, non si cura delle sue personali. Allargando la metafora possiamo dire che le cose acquistano valore, quando sono rare, e l’arte in Italia non è certo rara, è sufficiente camminare per strada o entrare in una chiesa, per vivere un esperienza quasi museale. Pertanto e per concludere, lo stato dell’arte in Italia è buono, quello del mercato dell'arte, decisamente scarso.

D: Anna Maria Guarnieri quanta arte produce?
R: Io credo che ogni uomo e ogni donna debba impegnarsi in quello che produce, perché ogni essere vivente è chiamato a dare il proprio contributo a questo mondo. Vede, nella domanda precedentemente fattami, parlavo di persone italiane che producono arte, ma non valorizzano l’arte, ma questo a ben guardare è un modo di parlare “semplificato”, la realtà è che un italiano è il prodotto di migliaia di secoli di cultura, è il prodotto degli etruschi, dei visigoti, dei fenici, dei greci, dei longobardi, dei romani, degli unni, dei galli, dei ... potrei continuare a lungo, ma tutto questo è per dire che se lei o io, mangiamo, produciamo e viviamo come solitamente fanno gli italiani, non lo dobbiamo solo ai nostri genitori, ma anche a tutti gli uomini che ci hanno preceduto nella storia recente o remota, in Italia o in un qualsiasi parte del nostro pianeta. Le faccio notare che non parlo solo di cromosomi, ma di qualsiasi cosa che ciascuno può fare. Se lei viaggia in auto, usufruisce dell’esperienza di milioni di persone che hanno dato il proprio contributo, affinché lei potesse viaggiare; a partire dall’invenzione della ruota, a quella del pneumatico, alla valvola dell’aria, al carburatore, al filtro dell’aria, all’albero di trasmissione, ecc. ecc. Ma noti che non è finita qui, chi per esempio ha inventato il carburatore, certamente sarà arrivato a tale invenzione, dopo aver usufruito dell’esperienza di altre innumerevoli persone, sicuramente avrà imparato a scrivere usufruendo anche in questo caso dell’esperienza di altre persone, avrà imparato a calcolare, magari con il sistema decimale che è a sua volta il frutto di altre esperienze.
Per concludere io mi impegno con tutto il mio essere a produrre le mie opere, per sottolineare proprio questa grande peculiarità che ha in particolare il genere umano, quella di poter riversare sulle generazioni future, le esperienze di ciascuno. Io sono pienamente consapevole di esprimere un concetto ovvio, tutti conoscono questa peculiarità, tuttavia pochi la ricordano. Certamente quando si sottolinea il proprio io a scapito di altri, quando si oltraggia la natura o si agisce in modo razzista, questa peculiarità umana si dimentica. Se invece quando nel nostro cammino incontriamo un filo d’erba ed evitiamo di calpestarlo, probabilmente abbiamo presente che quel filo d’erba potrà nutrire un erbivoro, il quale potrà dare del latte a nostro figlio; probabilmente siamo d’accordo con Goethe che diceva “non facciamo dei passi sperando che un giorno ci porteranno ad uno scopo; ogni passo deve essere uno scopo, nello stesso tempo in cui ci porta avanti."

D: Con la mostra “Stargate: le porte sul tempo” cosa propone?
R: Vede, come ho già avuto modo di scrivere, l'arte per sua natura non deve seguire il pensiero delle masse, ma deve tentare altre letture, proporre, condurre, incoraggiare, suggerire. Oggi, in un tempo di crisi del mondo occidentale, tutti pensano che in un mondo meno aperto, meno globalizzato, la nostra economia sarebbe stata più in salute. Io non sono un economista e non so se la causa di quanto sta succedendo è dovuta al mondo globalizzato, ma sono cosciente che la vita pulsa ad ogni latitudine e che in un mondo pieno di vita, nulla è statico, ma dinamico. L'uomo nasce, dona il suo contributo a questo mondo e poi lascia il testimone ad altri suoi simili; le civiltà nascono, si evolvono e poi si riversano in mille rivoli su altre civiltà. Nulla in questo mondo è statico, nulla in questo mondo si distrugge, ma tutto si trasforma. Ieri si creava arte per la nobiltà e la chiesa, oggi si espone nei centri commerciali, questa è vita ed è anche evoluzione, se per evoluzione si intende la capacità di adattarsi a nuove situazioni.

Con STARGATE, vorrei che ogni spettatore delle mie opere, viaggiasse per qualche attimo nelle ere, visitando e facendo tesoro delle esperienze dell'umanità. Ma se anche un solo spettatore farà questo viaggio, io mi sentirò appagata per aver dato all'umanità una piccolissima, infinitesima, goccia del mio contributo.

D: Con la mostra “L'armonia segreta della semina umana” cosa propone?
R: Vede, io penso che quasi nessun uomo è pienamente consapevole degli effetti del suo operato, quasi nessuno è consapevole degli effetti che la sua vita ha sul genere umano e soprattutto sulle future civiltà. Io credo che forse tutti noi operiamo in una condizione di parziale ignoranza, sicuramente siamo più inconsapevoli di un agricoltore che semina del grano. L'agricoltore infatti, quando semina, non conosce sicuramente il grande meccanismo biologico che porta a una spiga di grano, ma sa che mettendo un seme in una buona terra e avendone cura, se non ci saranno cataclismi atmosferici, otterrà una spiga di grano contenente numerosi altri semi. Noi invece spesso viviamo, quasi senza un progetto, tendiamo a piantare di tutto o a specializzarci in una cosa, ma spesso non ci rendiamo conto e non possiamo essere consapevoli degli effetti presenti e futuri del nostro operare, ovvero non sappiamo se il nostro “seme” porterà buoni frutti.
Quando Dante Alighieri ha scritto la Divina Commedia non poteva certamente essere pienamente consapevole che stava realizzando un capolavoro che sarebbe stato enormemente apprezzato anche dopo diversi secoli e in tutto il mondo. Tuttavia nella Divina Commedia è segretamente vivo l'operato di tanti altri uomini, che non sono passati come Dante alla storia, ma sicuramente sono stati indispensabili affinché la Divina Commedia fosse realizzata. Quello che voglio dire è che anche Dante avrà avuto dei maestri, anche i maestri di Dante avranno appreso da libri scritti da altri e hanno potuto farlo, perché qualcuno un giorno ha ideato la scrittura e prima ancora la parola. Vede, come ha scritto il poeta Giuseppe Fornasarig "la natura non si arrende, accavalla marosi su marosi, per produrre finalmente, un'onda acquiescente al progetto Divino". Ovviamente i marosi restano anonimi, ma questo non significa che non siano stati determinanti a preparare tutte le condizioni necessarie a produrre la grande onda che passerà alla storia. Il premio Nobel per la pace Madre Teresa di Calcutta diceva che siamo come gocce d'acqua nell'oceano, ma se uno di noi non ci fosse, all'oceano mancherebbe quella goccia e io oggi con "l'armonia segreta della semina umana" penso che quella goccia potrebbe essere la goccia determinante per far germogliare una buona semina. Quello che dunque non dobbiamo mai dimenticare, è di dare sempre il meglio di noi stessi, anche se non sappiamo se passeremo alla storia o saremo determinanti a produrre la grande onda acquiescente.

D: Ci può parlare dell'ingranaggio presente in quasi tutte le sue opere?
Nella mia lunga carriera artistica mi è capitato spesso di scoprire persone che non sanno che l'ingranaggio, disegnato dall'artista Paolo Paschetto, è presente nel logo della Repubblica Italiana. Perché è presente in questo logo l'ingranaggio? semplicemente perché è un simbolo dinamico di un'attività, ovvero, in questo contesto, del lavoro, sul quale la Repubblica Italiana è fondata. In senso più allargato, l'ingranaggio è un simbolo di dinamismo, di un ordine meccanico che puntualmente si ripete, di un insieme complesso ma non caotico, dove ciascuna ruota, e ciascun dente, è funzione indispensabile al buon funzionamento del meccanismo. Io ho dunque assunto l'ingranaggio come simbolo del grande meccanismo che regola il funzionamento dell'universo, perché ogni discorso intorno a cose immensamente complesse, ha necessità di un simbolo o di una buona similitudine. L'analogia con l'ingranaggio, è stata già usata in passato ed è spesso chiamata "l'analogia del grande orologiaio", ecco alcuni illustri esempi, scelti tra i tanti:
- Cicerone (106 a.C. – 43 a.C.) nella sua opera De natura deorum, (Sulla natura degli Dei) "se ti capita di osservare un orologio a sole o una clessidra ad acqua comprendi subito che l'indicazione dell'ora è dovuta all'arte del costruttore e non al caso. Orbene, è forse coerente ammettere tutto questo per poi disconoscere senno e ragione alla natura che raccoglie in sé le arti, gli artisti e gli esseri tutti?";
- Robert Boyle (1627–1691) "l'universo è come un orologio raro, come può essere quello a Strasburgo, in cui tutto è così abilmente concepito, che, una volta realizzato, tutto procede secondo il progetto del creatore, e il movimento... non richiede l'intervento del creatore o di qualunque altro agente intelligente, ma esegue le sue funzioni, per virtù del progetto primitivo e generale dell'intero meccanismo";
- William Paley (1743–1805) nel suo libro Teologia Naturale "supponi io sbattessi il piede contro una pietra, e mi venisse chiesto come essa fosse venuta a essere proprio lì'; potrei con tutta probabilità rispondere che, fino a prova contraria, fosse lì da sempre. Ma supponi anche che trovassi per terra un orologio, e mi venisse posta la stessa domanda; dovrei praticamente riprendere in considerazione la risposta appena fornita per la pietra (...) ma dev'essere esistito, in qualche tempo, e in questo o quel posto, un artefice, o più, a mettere assieme i pezzi dell'orologio comunque, a fabbricarlo, per lo scopo al quale effettivamente vogliamo risponda; egli, o essi, hanno compreso la sua costruzione, e progettato il suo uso. (...) Ogni indicazione di ingegnosità, ogni manifestazione di design che esistessero nell'orologio, esistono nelle opere della natura; con la differenza, da parte della natura, di essere più grandi e migliori ancora, e in numero incalcolabile".
Inoltre il concetto che ciascun essere è funzionale all'insieme, lo ha ben spiegato già 500 anni prima della venuta di Cristo, il console romano Menenio Agrippa nel suo celebre monologo: " Una volta, le membra dell’uomo, constatando che lo stomaco se ne stava ozioso (ad attendere cibo), ruppero con lui gli accordi e cospirarono tra loro, decidendo che le mani non portassero cibo alla bocca, né che, portatolo, la bocca lo accettasse, né che i denti lo confezionassero a dovere. Ma mentre intendevano domare lo stomaco, a indebolirsi furono anche loro stesse, e il corpo intero giunse a deperimento estremo. Di qui apparve che l’ufficio dello stomaco non è quello di un pigro, ma che, una volta accolti, distribuisce i cibi per tutte le membra. E quindi tornarono in amicizia con lui. Così senato e popolo, come fossero un unico corpo, con la discordia periscono, con la concordia rimangono in salute".
Dunque, per me, l'ingranaggio è anche simbolo di rispetto, rispetto di ogni essere animato o inanimato, ovvero per me vuole dire in estrema sintesi che occorre LAVORARE IN PACE E RISPETTARE TUTTO IL CREATO.

D: Secondo lei perché viviamo?
Trascendendo e rispettando ogni credenza religiosa, io credo che siamo qui per due principali motivi:
- il perpetuarsi della specie. Questa è la legge principe della vita, senza di essa tutto è vano, ogni filosofia si annulla;
- per i posteri. Siamo qui per contribuire allo sviluppo del genere umano. In primis per lo sviluppo fisico e intellettuale dei nostri figli, ma anche per il benessere delle generazioni future.
Ecco, uno dei miei costanti messaggi presenti nelle mie opere: la nostra vita e i nostri pensieri dipendono dai contemporanei, ma anche e soprattutto dai nostri predecessori. Dunque se riceviamo e abbiamo molto ricevuto, ciascuno di noi si impegni ad aggiungere alla storia del genere umano, alla piramide dell'umanità, il proprio piccolissimo ed infinitesimo mattone.

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