Pitture e artisti |
Articolo critico del Dott. Franco Bulfarini
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Anna Maria Guarnieri opera come un “Demiurgo”, il divino artigiano della visione
Platonica: colui che contemplando le idee plasma la materia sul modello delle
idee stesse, poi in realtà ne travalica il presupposto volendo pervenire ad
un’ascesi, tale da rendere tutto non più rivolto all’oggetto, alla cosa, alla
materia, né al dettaglio che la compone, ma alla sensazione. Ciò avviene
attraverso l’uso sapiente d’appropriate cromie finalizzato a tradurre e svelare
stati d’animo, pensieri, meditazioni profonde che con spirito ed intento si
potrebbe dire, “taumaturgico” risalgono in superficie in modo quasi scientifico
per coinvolgere. Opere in alcuni casi fortemente plastiche tanto da assumere
definizione di pitto-sculture, pur dovendo rimarcare che a prevalere sulla
struttura fisica e la corposità spesso palesata nell’opera o nell’assemblaggio è
sempre il dato contenutistico legato alla levità che fornisce respiro “cosmico”
al dipinto, rafforzandone il contenuto in termini di metaforica espressività.
I colori prevalenti, sempre giocosi, fulgidi ed al contempo armoniosi,
intessono cromie che testimoniano la purezza, non solo dell’opera, ma anche
dell’autore. Vi è serietà di progetto di chi si è dato regole e disciplina, di
chi non si abbandona al caso per voler pervenire a verità. Ne sorge una libertà
d’espressione che si traduce in proposta autentica. La Guarnieri si mette in
gioco in ogni sua opera, pur nel tracciato del simbolismo latente, non segue
mode, si assume responsabilità, ben conoscendo i rischi di chi segue strade non
battute, compreso quello di apparire solitari sia pure nell’alveo contemporaneo.
Le sue opere rifuggono dalla mercificazione pervadente e prepotente che opera
sovente non solo sulle opere ma ancor più gravemente sulle coscienze. Una
prevaricazione al più strisciante, altre palese indotta dai vari potentati
commerciali cui anche l’arte spesso si piega, o più che l’arte l’artista.
Tecnicamente le tele o tavole, della Nostra, ospitano con utilizzo sapiente e
coscienzioso, colori armoniosi, e giochi plastici preziosi, dove non mancano
sovrapposizioni di elementi, ed utilizzo di più materiali, ché verrebbe da
pensare all’esperienza “dadaista”, anche se non altro per certe splendide
vivacità del colore, se non fosse che il risultato finale la nega. In altri casi
alcune lavorazioni mi riportano alle magie pittoriche di Gustav Klimt (14
luglio 1862 – 6 febbraio 1918) il noto pittore austriaco, che fu fra i massimi
esponenti dell'art nouveau (stile Liberty, in Italia), protagonista della
secessione viennese ...
Sovente l’artista rivolge attenzione alla veduta naturalistica che esprime
sempre nell’alveo mai sconfessato di avveduto e contemporaneo simbolismo, in
tale contesto mi pare di intravedere elementi di richiamo analogico ad uno dei
precursori dell’esperienza simbolista, il francese: Puvis De Chavannes. Le opere
che ho avuto modo di osservare di recente richiamo alle antiche civiltà cui
l’artista allude a mezzo di simboli, come potrebbero essere monete o immagini,
quasi figurine tratte dall’album dei ricordi, o dalle edizioni “Panini”, tanto
incise nella memoria da essere espresse in modo tale da apparire immortali, come
quella della regina che visse nell’antico Egitto: Nefertiti, colei che fu
considerata la bella d’Egitto, ma anche conosciuta come la moglie del faraone
iconoclasta “Amenhotep IV”, meglio noto con il nome di “Akhenaton”, colui che
seppe, forse per la prima volta, adottare un’unica divinità, imponendo il culto
del dio Sole. Queste ultime opere della Guarnieri in particolare, voglio stupire
e stupiscono per la magia che le avvolge, il misticismo che le pervade ed ognuna
di esse opera in chiave di scoperta ma anche ricerca visionaria ed alchemica.
In quest’ultima mostra personale di Agosto nei pressi di Firenze, la bella
città culla del rinascimento, l’Artista propone la personale “la dinamica delle
civiltà”, ripercorrendo si potrebbe dire a ritroso la ruota del tempo, tramite
il recupero di simboli e miti che alludono alle grandi ed antiche civiltà, dai
Sumeri, all’Egitto alla Grecia classica, ai popoli Latini fin’anche al mondo
glorioso dei Cesari. E’ un viaggio appassionante ed appassionato, fatto di
colori tenui ma al contempo terricoli, evanescenti ed al contempo vivaci, aperti
alla luce trasognante, ed al contempo ridenti e veritieri, come pure di
contrappunto irreali, mistici e lontani, di sapore nostalgico, in un mondo di
punti e contrappunti, richiami ed allusioni. E’ dal mondo dei sogni e della
storia cui l’artista attinge, l’intento è di far emergere da nebbie di un
passato spesso leggendario un senso di appartenenza di comunione glorificante,
ove si allude a messi abbondanti a persone serene e nobili che ci richiamano al
loro vissuto alla loro moralità. Con ciò di rimando mi pare s’intenda porre
l’accento a quanto sia importante rendere glorioso il presente, optando per
comportamenti ed atteggiamenti virtuosi e saggi, ove trionfi la morale il cui
rispetto ed anche la cui necessaria definizione, solo può portare ad una vera
elevazione civile.
L’artista a mio avviso, nel gioco delle allusioni e trasparenze diafane e
trasognate, punta l’indice nell’evidenziare ciò che era e ciò che oggi manca,
quasi a dire che millenni di cultura, di civiltà di operosità, non possono
essere dimenticati, avvolti nell’oblio, sepolti dalle polveri del tempo ma vanno
dissepolti, ed è compito dell’artista far rivivere le luci del passato. Ridare
senso alla storia induce a ripercorrerne gli insegnamenti a far nascere volontà
di riflessione, che possono infondere nuove prospettive all’oggi. Forse da
questa ricerca di scavo nasce l’esigenza del materico, che all’artista
“archeologo”, serve come presupposto per l’indispensabile scavo simbolico, nella
dura roccia delle coscienze. E’ in quel luogo da risvegliare e rianimare che
riecheggiano bisogni veri, che inducono a nobiltà d’animo, ove il rimando alle
civiltà sepolte, non è solo rifugiarsi nel passato ma presupposto per riformare
il presente.
La Guarnieri pare porre innanzi a tutto la sua fede nell’umanità, ne ripercorre
le ere, studia l’uomo per svelarne i bisogni, studia le vite passate e le
civiltà che furono per dare nuova linfa e nuovo senso al presente. Fra le opere
“la barca delle civiltà”, mi pare che bene incarni la matrice su cui fonda la
sua ultima maniera. Civiltà descritte come fasi di un’umanità in evoluzione, che
si danno il testimone l’una con l’altra, quasi con spirito olimpico, giungendo
fino all’oggi per già concepire il domani. Uno sguardo al passato, per rileggere
la storia e per farci comprendere che pure noi ne facciamo parte. La materia
corposa quasi a suggerire l’affresco o la scultura, serve allo scopo di rendere
monumentale il richiamo ed il ricordo. Le opere quando assumono tono di
scultura, mi appaiono come reperti finalizzati ad assumere veste di altrettanti
testimoni del mito.
Anna Maria con operosità traccia visioni sottese alle ragioni dell’inconscio,
descritte da luci iridescenti, che anelano allo spirito, con volontà di porre
domande ma anche di suggerire possibili risposte su tematiche fondamentali, ne
sorge un felice connubio fra pittura oggettuale facilmente coniugabile
all'occhio dell'uomo comune (traducendosi in operazione culturale “uti societas”)
e slancio spirituale delle coscienze, che bene si evince nell’atmosfera
incantata che tutto travalica ma anche comprende, definendo l’unicità
d’impronta. Opere da cui trapela il mito ma anche vitalità ed armonia, che
l’abile lavoro dell'artista fa approdare ad esisti stucchevoli da primo
novecento, imprevedibili come i cieli tumultuosi di Tarner, eppure di evidente
armonia visiva come le vedute di Segantini o di Previati; ma ciò che ancor più
emerge mi pare il gioco alchemico, quando per alchimia si intende quel
pregnante valore di ricerca dei perché che da sempre in ogni vita ed in
ogni era rappresenta il vero motore dell’umanità.
Anna Maria è un’artista che segue una sua strada, quella di un simbolismo
ritrovato nelle radici del passato ma vissuto intensamente nelle visioni del
presente, un modo per indurci a far levitare lo spirito oltre la stessa materia
cromatica nell’intento di infondere serenità, quella serenità che non esiste nel
quotidiano divenire, ma che è ricercabile nei valori assoluti che nella storia e
nella magnificenza delle passate civiltà trovano riscontro, come lo trova
guardare un cielo e tradurlo con i colori dell’animo. Ecco il colori della
Guarnieri, preziosi, studiati uno per uno, perché ognuno svolga un preciso
compito e tutti siano finalizzati allo scopo di proiettare armonia e
rasserenare, rassicurare, o lievemente turbare col dubbio di dover compiere
ragionamenti sottesi e profondi, ma sempre resi come possibili ed intelleggibili
all’uomo comune, che ancora riesce ad operare d’istinto. Ed è all’uomo comune
autentico, inteso al di fuori delle sue mille figure “Pirandelliane” che
l’artista si rivolge con entusiastica energia creativa.
Sono opere che pongono domande cui l’adulto spesso rinuncia a rispondere,
costretto dai ritmi esagerati del vivere che l’attuale supposta civiltà impone.
Ma cosa stiamo generando per perseguire i non sensi del vivere quotidiano,
uomini inesistenti, tutt’altro che eroi, che cercano frettolose risposte nel
consumismo sfrenato. La Guarnieri penetra nel sentimento di ognuno di noi,
toccando il bambino che ci appartiene, per rispondere al nostro bisogno di
certezze e lo fa con sconcertante semplicità, con esercizio di fantasia avvinta
al sentimento emozionale del colore, che l’artista rivolge e convoglia
all’obiettivo del bene comune, alla moralità senza la quale non vi può essere
purezza, senza della quale la nostra esistenza sarebbe ben poca cosa. Ma chi può
dirsi veramente artista, se non tiene alto in se il sentimento del bambino la
sua spontaneità. Ecco la grande dote di quest’artista, la spontaneità mai
sepolta od avvinta dall’artificio del colore o del “tratto semantico”.
La Guarnieri descrive nei suoi meccanismi, nelle porte socchiuse nei simboli il
verbo di un’umanità da svelare e ricercare con stupefacenti espressioni della
natura, cui i “raggi di luce” nella soffitta dell’infanzia ove ho attinto
riferimento in premessa, fanno eco nella mia mente, quale termine di paragone.
La Guarnieri vede con l’occhio puro del bambino e poiché il senso dell’esistere
non lo si può che sfiorare con metafore Ella usa simboli a mo di metafore per
svelarci il mondo e le sensazioni che il mondo può donarci. La natura viene
riletta e rappresentata in chiave onirica, con utilizzo di ogni senso. Anna
Maria ci parla delle sue opere, ce le rende visibili, ce ne rende il profumo,
l’essenza ed ancora oltre ci consente di udire e rintracciare nell’afflato della
natura, l’armonia cosmica.
Nelle sue tele imbandite di magiche cromie c’è la spontaneità di una pittura
che se fatta di colore è ancor prima realizzata con il sentimento; poi il
simbolo diviene corollario, elemento comunicativo, che ci fa interagire col
senso profondo della vita. Il profumo delle mele che è probabilmente ingigantito
dal ricordo del bambino mi si risveglia nella visione dei colori che Anna Maria
così amorevolmente riesce a rendere sulle sue tele. Dunque nelle opere di Anna
Maria si parla dell’uomo, o dell’umanità, con uso di simboli da interpretare ma
ancor più da svelare o da sentire, in ogni tela si parla della vita, dell’amore,
dei bisogni e delle ansie, delle possibilità che si aprono ad ognuno di noi, da
percorrere da utilizzare, per costruire quel gioco intenso ed emozionale che ci
appare l’esistere. La bellezza dell’immagine, non potrebbe che essere portato di
colori ben calibrati, letti prima con la mente che con il pennello,
addomesticati per tramite di accurate mescolanze, tali da renderli servizievoli.
Sono tinte che il regista artista sa ben fagocitare, per capacità di studio e
per istinto. La tela della Guarnieri non è mai violata, la sua è una
elaborazione che profuma di classicità, perché è per tramite del bello visivo, e
della sensazione vibrante del colore, ma anche di libero slancio creativo ed
immaginifico, che promana la vera alchimia.
Dr. Franco Bulfarini